Non esistono documenti che attestino con esattezza la data dei primi insediamenti nella zona di Gallo Matese. La prima testimonianza di vita umana nella zona risale a circa un milione di anni fa: è del 1979, infatti, il rinvenimento dei resti dell'Homo Aeserniensis nella località Pineta vicino a Isernia.
Tito Livio parla di una fiera e battagliera popolazione nella zona nord della Campania; queste popolazioni erano chiamate Montesi da cui il nome della zona.
I progenitori dei gallesi parteciparono alle guerre che i Sanniti Pentri, confederati con altri stati Sanniti, condussero contro la nascente potenza militare romana (I e II guerra sannitica).
Successivamente queste popolazioni furono assoggettate a Roma, la quale, nella ristrutturazione del territorio italico in regioni, introdusse il Matese nella prima regione.
E’ presumibile che sia di questo periodo la carreggiata scavata nella roccia che si inerpica, a partire dalla pianura del Volturno, sul versante di Venafro, su per la costa del monte Pesco Rosso ed il fosso dei Maragoni fino a Gallo Matese ed oltre. E’ da presumere che questa fosse una via di comunicazione tra le zone più interne del Matese, la via Abebuzia sul versante alifano, la via Latina sul versante venafrano.
Dopo la caduta dell'Impero Romano la zona del Matese, grazie alle sua posizione geografica, non ha subito invasioni barbariche. Nell'intorno del 600 d.C., come risulta dalle "Cronache Cassinesi" conservate nella biblioteca di Monte Cassino, Romualdo duca di Benevento, accoglie, sotto ordine del padre Grimoaldo, re d'Italia, un gruppo di bulgari che, spinti dall'incalzare di altri popoli lasciarono l'Asia e, attraverso le alpi, scesero in Italia.

Paolo di Warnefrido, detto Paolo Diacono, nel V libro della sua Historia Langobardorum, infatti narra: "Per haec tempora Vulgarum dux Alzeco nomine, incertum quam ob causam, a sua gente digressus, Italiam pacifice introiens, cum omni sui ducatus exercitu ad regem Grimuald venit, ei se serviturum atque in eius patria habitaturum promittens. Quem ille ad Romualdum filium Beneventum dirigens, ut ei cum suo populo loca ad habitandum concedere deberet, praecepit. Quos Romualdus dux gratanter excipiens, eisdem spatiosa ad habitandum loca, quae usque ad illud tempus deserta erant, contribuit, scilicet Saepinum, Bovianum et Iserniam et alias cum suis territoriis civitates, ipsumque Alzeconem, mutato dignitatis nomine, de duce gastaldium vocitari praecepit. Qui usque hodie in his ut diximus locis habitantes, quamquam et Latine loquantur, linguae tamen propriae usum minime amiserunt".
Poiché nella Gualstaldia di Boiano erano compresi anche i monte del matese, ci fu indubbiamente una fusione tra il gruppo etnico bulgaro e le popolazioni sannitiche del luogo: i Gallesi sono quindi sanniti-bulgari.
Nel 1154 Gallo Matese si chiamava Gualdum (molto probabilmente derivante dal tedesco wald, bosco) ed era feudo di Riccardo, conte di Fondi. In questo periodo Gallo Matese era stato dichiarato "Feudum Unius Milites", cosa che comportava l'obbligo di fornire un contingente militare di dodici soldati e di dodici inservienti in occasione di fatti militari, cosa che avvenne per la prima crociata.
Nel 1239, Giovanni di Guglielmo di Prata, fu feudatario anche del feudo di Gualdo; dal 1329 al 1576 Gallo Matese appartenne alla Baronia di Prata passando in possesso delle famiglie che detennero detta Baronia: quali i Capuano, i Sanfromondo, i Pandone, i Mobel, i Rota, i Villani, i Carafa, ed i De Cordenis.
Intorno al 1620, come risulta da un documento custodito nell'Abbazia di Montecassino, il paese si chiamava Lo Gallo.


Nel 1649 il feudo di Gallo, con il titolo di Marchesato, fu retto dalla famiglia Mastullo. Nel 1741, data di inizio del catasto onciario di Gallo, utile possessore della terra di Gallo è il principe Giovanni Pignatelli della terra di Monteroduni. I Pignatelli mantennero il possesso di Gallo fino all'abolizione della Feudalità avvenuta nel 1806. Tra il 1806 ed il 1815 numerosi beni ecclesiastici e monastici furono assorbiti dal demanio e successivamente venduti ai privati. Nel 1802 la popolazione ascendeva a circa 1500 abitanti.
Intorno al 1860-1861 il Matese fu scosso dai moti insurrezionali dei briganti: i ribelli entrarono in Presenzano e Capriati; occuparono Letino, irruppero in Roccamandolfi, Pratella, Val di Prata e Castelpizzuto inneggiando a Francesco II.
Numerosi scontri si ebbero sul Matese: nel territorio di Gallo Matese, nella località Campo figliuolo, gli insorti sconfissero una compagnia di bersaglieri.
Successivamente, nel 1877, ci fu uno dei tentativi insurrezionali più importanti, per concezione e per risultati propagandistici, attuato nella zona del Matese da un gruppo di aderenti alla Federazione Italiana dell'Internazionale, detto in seguito appunto "banda del Matese".


Vi aderivano molti dei personaggi più rappresentativi dell'anarchismo italiano dell'epoca, tra cui, in particolare, Carlo Cafiero ed Errico Malatesta. La scelta della zona non era stata fatta a caso. Impervia, montagnosa, scarsamente popolata, rappresentava un ambiente ideale per la guerriglia: gli uomini avrebbero potuto facilmente compiere le proprie sortite nei vari centri abitati e poi rintanarsi al sicuro nei posti e nelle cascine abbandonate.
Il giorno 8 aprile 1877 la banda del Matese era guidata da Cafiero, Malatesta e da Pietro Cesare Ceccarelli dopo aver occupato il paese limitrofo di Letino si diressero verso Gallo Matese. Al municipio di Gallo gli anarchici arrivarono verso le due del pomeriggio. Malatesta aprì la serratura a pistolettate e, così come fatto a Letino, tutta la "carta bollata" del Comune fu arsa: registri catastali, schedari delle imposte, atti ipotecari, ecc., il tutto per dimostrare simbolicamente l'abolizione dei diritti dello stato e della proprietà privata.
Tutto si svolse nell'entusiasmo e senza difficoltà di alcun genere. Le truppe governative, anche se non si erano ancora fatte vedere, non erano restate con le mani in mano. Gli internazionalisti, quando abbandonarono Gallo, si trovarono praticamente e improvvisamente accerchiati. A complicare la situazione si aggiunse il maltempo. Gli uomini passarono tutto il 9 e 10 aprile nel duplice tentativo di cercare un rifugio e di superare l'accerchiamento, ma senza esito.
Il giorno 11, la banda trovò finalmente riparo nella masseria Concetta, tre miglia sopra Letino e qui decise di fermarsi. Il 12 aprile un reparto di bersaglieri fece irruzione nella cascina sorprendendo gli anarchici. Date le condizioni degli uomini e delle armi non ci fu resistenza. L'insurrezione del Matese era finita.
Il 2 gennaio 1927, eliminata la provincia di Caserta, Gallo Matese passò alla provincia di Campobasso, ritornando alla provincia di Caserta l'11 giugno 1945, quando questa fu ripristinata dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1861 risulta che Gallo contava 2015 abitanti.
Da questa data in poi la popolazione è cresciuta, fino a toccare la punta massima di 3417 unità nel 1921. In seguito la popolazione è diminuita fortemente fino agli attuali (censimento Istat 2001) 761 abitanti.


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